Cosa sta succedendo in Iran? Quali sono le condizioni delle donne Iraniane? Quali sono stati i cambiamenti nel corso della storia? Sono domande che è imperativo porsi per comprendere i moti di rivolta partiti dalle donne e che attraverso gli studenti universitari e le minoranze etniche e religiose iraniane stanno attraversando il paese.
Secondo la Costituzione Iraniana del 3 Dicembre 1979, successiva alla rivoluzione khomeinista, le donne hanno pari dignità sociale ed economica. Una affermazione che però subordina i diritti delle donne alla legge della Sharia, cioè al diritto come definito dalle scuole coraniche.
Dal punto di vista della cultura del diritto oggettivo dei paesi occidentali, dunque, i diritti delle donne sono pari a zero. Le donne possono svolgere diverse funzioni e lavori, a condizione che coprano i capelli con il velo islamico, lo hijab, e anche braccia e gambe con abiti non troppo succinti. La modernizzazione del paese iniziò nel 1926 con lo scià Reza Pahlavi: le donne iniziarono ad avere visibilità; fu bandito il velo e l’università di Teheran venne aperta alle studentesse. Il figlio Mohammad, succedutogli nel ‘42, ampliò i benefici riguardanti le donne. Misure che rientravano in un programma di riforme, noto come “rivoluzione bianca”.
Le donne iraniane, acquisirono nel febbraio 1963 il diritto di voto. Il sistema politico dello Scià era comunque opprimente: una dittatura che obbligava il paese a un’occidentalizzazione in qualche modo forzata. Un paese che concentrava la ricchezza nelle mani di pochi, fortemente legati alla famiglia reale e attraverso di essa alle multinazionali del petrolio.
La maggioranza degli iraniani non si sentiva rappresentata da questo sistema. Quando esplose la rivolta di popolo, ispirata dall’ayatollah Khomeini, le donne di ogni estrazione sociale sfilarono in prima fila opponendosi al regime dello Scià, che fu costretto a fuggire e venne così proclamata la Repubblica Islamica. L’ayatollah e i suoi seguaci, i “guardiani della rivoluzione”, contrari all’occidentalizzazione perché allontanava la popolazione dai principi del Corano, abrogarono tutte le riforme del codice di famiglia, vennero annullati i tornei femminili nel paese limitando di fatto la partecipazione femminile nel mondo dello sport.
Successivamente fu annunciato che tutte le donne avrebbero dovuto indossare il velo se avessero voluto lavorare o uscire di casa. Solo dopo una serie di proteste alle quali parteciparono anche tantissime donne velate, che avevano partecipato alla Rivoluzione in chador o in hijab, Khomeini affermò che le donne avrebbero dovuto mantenere soltanto un abbigliamento modesto.
Una apertura che durò lo spazio d’un mattino. Il velo venne presto imposto fino al giorno in cui un editto non lo rese obbligatorio nei luoghi pubblici e venne tra l’altro vietato alle donne di entrare negli stadi. Successivamente nel 1983 il mancato utilizzo del velo divenne ufficialmente reato, introducendo 74 frustate (o prigione da un mese a un anno) per tutte le donne che non si fossero velate, sia quelle residenti in Iran, sia le straniere. L’hijab (dall’arabo coprire), doveva essere indossato a partire dai 9 anni di età: i capelli ed il corpo ad eccezione della faccia e delle mani, dovevano essere coperti.
È in questo clima che maturano le proteste dei mesi scorsi in Iran, delle quali Mahsa (Jina) Amini è divenuta l’emblema. Mahsa (Jina) Amini, 22 anni, è morta il 16 settembre 2022 a Teheran, dopo essere stata arrestata dalla “polizia morale” perché non portava il velo in modo corretto. Masha è stata picchiata fino a morire per le percosse.
L’episodio ha scatenato la rivolta in tutto il Paese, e la dura repressione da parte del regime. Tante le manifestazioni in tutto il mondo contro la legittimità politica della Repubblica Islamica in Iran.
Sembrerebbe l’inizio di una rivoluzione ma è difficile capire tutto ciò a cosa porterà. Mahsa in realtà si chiamava Jina cioè “vita”. Era di etnia curda ed è diventata il simbolo delle proteste dei curdi iraniani e di molte minoranze etniche e religiose del paese.
Proteste che hanno avuto seguito in tutto il mondo e che hanno subito una dura repressione da parte del regime iraniano che ha provocato nel momento in cui scriviamo, almeno 154 morti.
Molte donne anche in Italia, famose e non, per solidarietà hanno tagliato una ciocca dei loro capelli.
Siamo tutti Mahsa.